Bibliografia
Servaes 1902, n. 101; Belzoni 1935, p. 13, n. 12; Somarè 1949, p. 26; Quinsac 1982, n. 522; Segantini 1987, n. 102; Divisionismo italiano 1990, p. 76, n. 12; Giovanni Segantini 1990, n. 85; Segantini 1999, pp. 73, 74 (ill.), 221, 223, n. 4; Dalla scapigliatura 2001, pp. 130-131 n. 34.
Esposizioni
Trento 1987; Trento 1990; Zurigo 1990-1991; Trento 1999-2000; Milano 2001-2002; Arco 2017; Arco 2021-2022
Scheda opera
Il soggetto dell’opera è stato sviluppato da Segantini in tre tele riferibili tutte allo stesso biennio 1892-1893 di tre dimensioni diverse (Quinsac 1982, 520, 521, 523). La tela più grande (Quinsac 1982, 520) è stata esposta, insieme a Il castigo delle lussuriose, presso le Grafton Galleries di Londra nel 1893. Segantini ripropone un tema elaborato durante gli anni briantei, durante i quali, come ricordava a Domenico Tumiati nella lettera del 1898, tentò di riversare sulla tela i sentimenti provati «specialmente nelle ore della sera, dopo il tramonto» quando l’animo era predisposto a «soavi melancolie». L’ora mesta, conosciuta anche come L’ora triste, infatti, è ambientato di sera, e l’anziana donna e la mucca (i soggetti che abitano il dipinto) sono illuminati una luce crepuscolare che attribuisce all’opera un certo lirismo ed evoca i sentimenti di cui parlava Segantini nella missiva. Il dipinto, oltre alla luce del tramonto, presenta anche un punto di illuminazione al centro della composizione dato dal fuoco che arde sotto al calderone davanti alla donna. Questa, con la testa abbassata e le mani giunte, sembra colta in un momento di raccoglimento in preghiera, mentre osserva il fuoco che sfavilla; la mucca, invece, alza il muso verso il cielo, in atteggiamento complementare a quello dell’anziana. Lontani rispetto alla scena in primo piano, i mandriani raccolgono le bestie all’interno di un recinto.
Alla data del 1892 è ben visibile l’impiego della tecnica divisa, nella declinazione spiccatamente segantiniana della trattazione di filamenti di colore puro allungati, come si può evincere in particolar modo nel trattamento del prato e del cielo, dove i singoli toni sfumano l’uno nell’altro.
(MARIA ELENA BERARDINELLI)